Inquinamento e arresti cardiaci: il legame c’è
Lo rileva uno studio del Politecnico di Milano
La rivista internazionale Global Challenges ha pubblicato uno studio condotto dal Politecnico di Milano che dimostra come, prendendo in valutazione i valori della Lombardia, il rischio di subire un arresto cardiaco può aumentare in giornate con alti livelli di inquinamento atmosferico. Uno studio ampio, con l’analisi di ben 37.613 casi di arresto cardiaco extraospedaliero avvenuti in Lombardia tra il 2016 e il 2019, valutando per ogni episodio le concentrazioni giornaliere di vari inquinanti ottenute dai dati satellitari del programma europeo Copernicus (ESA). Il tutto utilizzando modelli statistici spazio-temporali per individuare la relazione tra picchi di inquinamento e aumento del rischio di eventi cardiaci. In particolare è stata osservata una forte associazione con il biossido di azoto: per ogni incremento di 10 microgrammi per metro cubo il rischio di arresto cardiaco cresce del 7% nelle 96 ore successive. Ma anche le polveri sottili mostrano un aumento del rischio, rispettivamente del 3% e 2,5%, già nello stesso giorno dell’esposizione, con un effetto più marcato nelle aree urbane osservando però associazioni significative anche nei centri rurali. In particolare, il rischio cresce nei mesi caldi, suggerendo una possibile interazione tra calore e inquinanti. L’associazione è stata osservata anche a livelli inferiori ai limiti di legge, suggerendo che non esiste una soglia sicura di esposizione.
Lo studio evidenzia inoltre come l’inquinamento atmosferico sia un fattore di rischio significativo per la salute cardiovascolare, anche a breve termine, e invita a considerare queste evidenze nelle politiche di prevenzione e nella gestione delle emergenze sanitarie. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’inquinamento atmosferico è il secondo fattore di rischio ambientale per le malattie non trasmissibili, responsabile ogni anno di milioni di morti nel mondo. La Lombardia, una delle regioni più industrializzate e densamente popolate d’Europa, è particolarmente esposta a episodi di smog durante l’inverno, quando l’accensione delle caldaie e la scarsa dispersione atmosferica peggiorano la qualità dell’aria.
I risultati dello studio offrono uno strumento utile per le istituzioni e i servizi di emergenza. L’integrazione dei dati ambientali nei sistemi di previsione sanitaria potrebbe consentire, in futuro, di anticipare l’aumento delle chiamate di emergenza e migliorare la pianificazione delle risorse.
Proprio su questa linea di ricerca si innesta il nuovo progetto CLIMA-CARE, finanziato dalla European Space Agency (ESA), che ha già preso il via, dedicato all’utilizzo dei dati satellitari per approfondire l’analisi dell’impatto delle condizioni ambientali sulla salute pubblica e, in particolare, sui servizi medici di emergenza nel territorio della Lombardia, sia nello scenario attuale che in quello futuro, attraverso l’impiego di proiezioni climatiche. Lo scopo è quello di poter affrontare il tema dell’impatto del cambiamento climatico su scala di intera popolazione.



