Roma, un progetto dei detenuti di Rebibbia all’ingresso della metro
Roma, 9 dic. (askanews) – Cos’è che non potrai mai dimenticare? Da questa domanda prende avvio il lavoro sulla memoria che ha coinvolto un gruppo di detenuti dell’Istituto Penitenziario Rebibbia di Roma ed ex detenute, in un laboratorio creativo e partecipativo guidato dall’artista visivo Angelo Bonello e dal fotografo Guido Gazzilli.
“Le cose che non possiamo dimenticare”, prodotto da Artificio Italiano Srl, è un progetto che restituisce voce e umanità a chi vive in carcere e che, dal 12 al 14 dicembre, trasformerà l’ingresso della Metro Rebibbia in un punto di contatto tra città e carcere, attraverso incontri, reading musicali, mostre e installazioni audiovisive. Il progetto, promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, è vincitore dell’Avviso Pubblico Artes et Iubilaeum – 2025, finanziato dall’Unione Europea Next Generation EU per grandi eventi turistici nell’ambito del PNRR ed è realizzato in collaborazione con SIAE.
Cuore del progetto è l’opera audiovisiva monumentale di arte sociale di Angelo Bonello, tra i pionieri internazionali della Light Art Urbana: una grande croce Led alta sei metri che si accende all’ingresso della Metro Rebibbia come un’apparizione inattesa. Non è un simbolo religioso, ma una presenza viva nello spazio pubblico, capace di mettere in relazione il carcere e la città. L’opera nasce da un lavoro corale in cui l’artista e il team hanno scelto di immergersi con empatia nella realtà di Rebibbia, lasciandosi attraversare dalle storie dei detenuti. Le loro voci diventano immagini e parole che abitano la superficie della croce: volti, frammenti di memoria, mancanze e speranze restituiti alla comunità. Ogni testimonianza si fa domanda aperta per chi passa: che cosa non potremo mai dimenticare della nostra vita? E che cosa non dovremmo mai dimenticare, come società? L’installazione trasforma così uno snodo urbano in un luogo di ascolto e confronto intimo, dove chi guarda entra in dialogo con chi vive “oltre le mura”.
L’artista e direttore artistico Angelo Bonello ha spiegato: “Questa croce non è un monumento alla fede, ma un varco aperto nello spazio urbano che mette in comunicazione il dentro e il fuori del carcere di Rebibbia. Sulle sue superfici scorrono volti e parole che non chiedono indulgenza, ma solo ascolto, un taglio stretto nell’oscurità, attraverso cui i detenuti osservano il mondo e attraverso cui il mondo osserva loro. È uno scambio simmetrico in cui chi guarda è guardato, un invito a capire che una società si rivela da come osserva chi ha sbagliato e che a volte basta uno sguardo per ritrovare l’umano”.
Il fotografo Guido Gazzilli, a partire dalle memorie di luoghi, odori, volti, oggetti e sensazioni, ha selezionato alcune immagini dal proprio archivio fotografico trasformandole, attraverso i disegni e i testi dei detenuti, in un corpus di opere corali, intime e potenti. I lavori, che saranno esposti in formato poster alla Metro Rebibbia, restituiscono alla città uno sguardo dalla soglia del carcere, mettendo in luce il talento e la sensibilità dei detenuti coinvolti nel progetto. Il percorso è stato possibile grazie al coordinamento di Guido Pietro Airoldi, il supporto della psicologa a psicoterapeuta Maria Daria Giri e dell’educatrice penitenziaria Giuseppina Boi oltre alla partecipazione delle assistenti creative Vittoria Cattozzi e Petra Bonello.
La tre giorni si apre il 12 dicembre, dalle 10:30 alle 13 all’ingresso della Metro Rebibbia, con l’inaugurazione dell’installazione audiovisiva di Angelo Bonello, la presentazione del libro “Everyday Shoes” di Guido Gazzilli, che raccoglie le opere del fotografo e di oltre 50 artisti da tutto il mondo, realizzate insieme ai detenuti di alcuni istituti penitenziari italiani, e prosegue con la raccolta delle testimonianze di chi vive fuori dal carcere, oltre agli interventi di esperti su giustizia, arte e inclusione. Durante la mattina sarà inaugurata anche la mostra “Storie del quartiere Rebibbia attraverso il fumetto”, a cura di Carlo Labieni, Scuola Romana dei Fumetti dove gli studenti raccontano il quartiere attraverso tavole originali, installazioni luminose e videoracconti, mostrando come la vita quotidiana fuori dal carcere conviva con questa presenza.
Si chiude il 14 dicembre, in occasione del Giubileo dei Detenuti, l’ultimo evento dell’anno giubilare che è stato inaugurato lo scorso anno dall’apertura straordinaria della quinta Porta Santa proprio all’interno del carcere di Rebibbia. In questa giornata, dedicata non solo ai carcerati ma anche ai familiari, al personale del carcere e ai volontari che lavorano all’interno del sistema penitenziario, Amir Issaa, rapper, scrittore e divulgatore di cultura Hip Hop, porta in piazza il suo reading musicale con showcase “Vivo per questo”: una performance di circa un’ora tra parole, musica e proiezioni, che intreccia autobiografia, rapporto con la detenzione e possibilità di riscatto.