Calcio, Ancelotti: “In Brasile mi chiamano Carlinho, e mi piace”
Roma, 3 giu. (askanews) – “Già mi chiamano ‘Carlinho’ e mi piace”. Sono passati pochi giorni ma sembra che l’adattamento di Carlo Ancelotti alla nuova realtà del Brasile proceda a gonfie vele. “Inizia un’altra avventura, è una responsabilità grande, ma anche una grande felicità avere l’opportunità di allenare la nazionale brasiliana – ha spiegato il neo Ct in un’intervista a Vivo Azzurro TV -. Sono stato accolto con molto affetto, spero di preparare bene la squadra e fare in modo che sia competitiva al prossimo Mondiale. La nuova lingua? Dovrò studiare il portoghese come ho dovuto studiare il francese, l’inglese, lo spagnolo: mi aiuterà il fatto che il portoghese ha la stessa grammatica”. Nuova avventura che permette anche di riavvolgere il nastro a quello che è stato il suo percorso: “La vittoria è un attimo fuggente, si guarda subito avanti – ha detto -. La sconfitta è uguale: è dispiacere, tristezza, ma ti dà possibilità di migliorare e il calcio ti dà sempre l’opportunità di guardare avanti. Reggo l’usura del tempo grazie alla passione che ho sempre avuto per il calcio e che ti fa sopportare la pressione e lo stress”. “Il carattere si forma con i maestri che hai avuto nell’infanzia: tuo papà, gli insegnanti a scuola e gli allenatori – ha aggiunto -. La convivenza tra i grandi campioni dipende dall’intelligenza individuale di ciascuno di loro, mentre il rapporto con i giovani oggi è più complicato rispetto al passato: adesso hanno molte più responsabilità addosso rispetto a quella che avevo io quando ero calciatore. Ora il giovane ha dietro tanta gente, dal procuratore alla famiglia”. Differenze che si percepiscono in tutto lo spogliatoio: “I giocatori si isolano molto con le cuffie e la loro musica, ai miei tempi non si poteva addirittura ascoltarla perché deconcentrava. Sono poi concentrati sul proprio telefono e non c’è molta comunicazione”. Invitando a una soluzione affinché si giochi meno e si preservi così la salute dei giocatori, Ancelotti racconta poi del rapporto col figlio Davide, suo assistente nelle ultime stagioni: “È ancora più affidabile perché c’è un grado di parentela molto vicino – conclude -. Ha quindi più confidenza rispetto ad altri assistenti e può dirmi cose che a volte gli altri fanno più fatica a dirmi”.