Il mito di Moby Dick in una mostra enciclopedica e inafferrabile
Genova, 12 dic. (askanews) – Moby Dick è uno dei grandi romanzi dell’umanità, un capolavoro anomalo e unico, che proprio per queste caratteristiche ha creato una mitologia, tanto evidente quanto inafferrabile e molteplice. Con lo stesso spirito Palazzo Ducale a Genova e la sua direttrice Ilaria Bonacossa hanno immaginato una mostra che ripercorresse nei secoli questo mito: sfida enormemente affascinante, ma complessa, che ha portato a un risultato avvolgente, sempre diverso, imprevedibile e, alla fine, riuscito, soprattutto nell’essere aperto e senza pretese di risposte definitive. Potremmo dire perfetto nel suo essere, ontologicamente, solo perfettibile.
“Io avevo in testa non l’estetica della mostra, ma il racconto – ha detto la direttrice ad askanews – cioè il fatto che si partisse dal libro e come il libro, che è pieno di incisi, che continua a andare fuori tema, la mostra doveva fare questo per aver forza, cioè non illustrare il romanzo, ma usare tutti i temi del romanzo facendoli propri perché il romanzo in realtà è veramente moderno e volendolo leggere in chiave ancora più contemporanea è forse anche una metafora dell’America di oggi, che a forza di volere e di non ascoltare finisce a picco”.
La mostra ha la stessa vocazione enciclopedica del libro di Melville, vero esempio di romanzo totale, e la declina con una passione ossessiva, ma mai univoca: si passa dalle cancellature di Isgrò ai libri arpionati di Elisabetta Benassi, dalla tassonomia di Mark Dion alle sculture di Marzia Migliora, dalla stanza di Clara Hastrup regolata dal movimento dei pesci in un acquario, alla stupenda sala dedicata a Joan Jonas e alle sue mimesi con il corpo dei pesci e con il mare, fino alle sculture geometriche di Claudia Losi, che ci dicono della bianchezza della balena, ma anche di come il suo corpo, una volta cacciato, veniva sezionato. E poi c’è l’opera video che, in qualche modo, è il cuore dell’esposizione: “Vertigo Sea” di John Akomfrah.
“L’idea era – ha aggiunto Ilaria Bonacossa – artisti che parlassero di balene, ma che in qualche modo aprissero questa idea della balena, quindi non illustrazioni di balene, ma se penso al film di Akomfrah, che per me era centrale perché è un film che parla del mare come bellezza, come violenza racchiude l’idea di cos’era la baleneria ma anche perché si sono riusciti a salvare le balene; il suono delle balene allestendo la cappella del doge in quel modo, quella è stata una visione molto iniziale: questa idea di poter venerare la balena quasi come un animale capace di parlarci di una dimensione. in fondo questo animale è un dinosauro, però è un mammifero, respira, però è un pesce, insomma è talmente tutto che non può che essere affascinante”.
“Moby Dick – La balena”, co-curata da Thyssen Bornemisza Art Contemporary, è una mostra di continue storie che hanno tempi e destini diversi. Non è mai una semplice rappresentazione, tanto che Achab, il personaggio chiave del libro insieme al capodoglio bianco, in fondo non c’è. Ma proprio questa sorta di assenza lo rende sempre presente al fianco del visitatore, come se lo guidasse, anche ad ascoltare il canto delle balene, che può essere un’esperienza commovente, ma pure il segnale di una caccia che sta per iniziare. E quando, nella notte più nera, la lancia del capitano si cala silenziosa in mare, lì nasce la letteratura contemporanea. Anche di questa emozione segreta ci parla, seppur indirettamente come nel libro cristallizzato di Tacida Dean, la mostra di Genova. (Leonardo Merlini)