Eolico offshore: la strategia UE punta a tagliare i costi elettrici del 57%

Il rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) e i nuovi target svelano la mossa più aggressiva per la sicurezza energetica europea: triplicare la capacità di energia rinnovabile marina fino a 90 GW entro il 2030. Da Beleolico a MedWind: Renexia e la nuova frontiera dell’eolico offshore galleggiante.
L’Unione Europea ha identificato nel connubio tra fonti rinnovabili e elettrificazione dei consumi la chiave non solo per la decarbonizzazione, ma per una drastica riduzione della spesa energetica. L’evidenza principale, emersa dal rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) “Renewables, electrification and flexibility”, è schiacciante: raggiungere gli ambiziosi obiettivi di capacità rinnovabile, domanda e stoccaggio entro il 2030 potrebbe abbattere i costi variabili dell’elettricità fino al 57% rispetto ai livelli del 2023. Questa è la promessa principale del percorso energetico sostenibile, dove l’eolico offshore gioca un ruolo da protagonista assoluto.
La corsa ai Gigawatt: obiettivi triplicati e visione al 2050
La strategia per l’energia eolica in mare aperto rappresenta uno sforzo colossale e coordinato che mira a trasformare l’approvvigionamento energetico europeo. L’ambizione degli Stati membri, sostenuta dalla Commissione Europea, punta a triplicare l’attuale capacità in pochissimi anni.
I dati parlano chiaro:
- obiettivo 2030: l’UE punta a raggiungere circa 90 GW di capacità installata entro la fine del decennio.
- obiettivo 2050: la visione a lungo termine è quella di installare fino a 360 GW di eolico offshore e altre energie oceaniche per assicurare la neutralità climatica.
Questo balzo in avanti è cruciale per alimentare l’elettrificazione rapida di settori chiave come i trasporti, il riscaldamento e l’industria, ponendo l’eolico offshore e il solare fotovoltaico come motori principali della generazione elettrica pulita.
Eolico offshore: sicurezza energetica, indipendenza dai fossili e la frontiera del galleggiante
L’espansione sostenuta dell’eolico offshore è indissolubilmente legata alla sicurezza e all’indipendenza energetica del blocco. Ancora nel 2022, l’UE importava il 98% del petrolio e del gas utilizzati dagli Stati membri. La dipendenza da combustibili fossili extra UE espone il continente a rischi geopolitici e a una forte volatilità dei prezzi.
Come sottolineato dal rapporto EEA, in questo contesto il Green Deal europeo non è solo un allineamento agli impegni climatici, ma la via principale attraverso la quale gli Stati membri possono assicurarsi l’accesso a risorse energetiche nazionali. La produzione energetica dall’eolico offshore, su larga scala, offre una fonte stabile, domestica e competitiva che può significativamente ridurre il conto delle importazioni, che già nel 2022 aveva raggiunto quasi il 4% del PIL europeo.
Per raggiungere questi obiettivi, l’UE ha adottato un approccio che coinvolge cinque principali bacini marittimi: il Mare del Nord, il Baltico, l’Atlantico, e le reti offshore a sud/ovest e a sud/est. Ma un ruolo crescente lo ha anche il Mediterraneo con l’impegno di Renexia. Strategica, in questa visione, è la tecnologia floating, ossia l’eolico offshore galleggiante. Questa innovazione è fondamentale per Paesi come l’Italia, le cui acque territoriali (come quelle di Sicilia) sono troppo profonde per le tradizionali turbine fisse, che però comportano notevoli impatti ambientali. Quello che, a prima vista, potrebbe essere percepito come un limite si configura invece come prezioso vantaggio: la tecnologia floating consente infatti l’installazione di parchi eolici in mare aperto, dove il vento è più forte. In questo dinamico scenario Renexia ha già lanciato con successo l’industria eolica nel nostro Paese. Dopo Beleolico, il primo parco eolico marino del Mediterraneo, il player sta sviluppando MedWind, il più grande progetto di impianto eolico offshore galleggiante nel Mare Nostrum, che sorgerà al largo delle coste trapanesi.
A differenza degli impianti nearshore, che spesso incontrano resistenze a causa dell’impatto visivo e delle possibili interferenze con la navigazione e la pesca costiera, le strutture galleggianti di MedWind saranno posizionate a maggiori distanze dalla costa, senza comportare trivellazioni del fondale ma ricorrendo a un sistema di ormeggi. Questo non solo mitiga l’impatto paesaggistico e ambientale, preservando la bellezza incontaminata delle coste e degli ecosistemi marini siciliani, ma permette anche di sfruttare venti più costanti presenti al largo, massimizzando la produzione di energia pulita.
Le sfide aperte: investimenti, autorizzazioni e impatto ambientale
Nonostante l’ambizione, il percorso è costellato di sfide che richiedono interventi politici urgenti:
- Investimenti massicci: il fabbisogno di investimento stimato per l’energia eolica offshore è di circa 800 miliardi di euro entro il 2050. Due terzi di questa cifra saranno destinati all’espansione delle reti elettriche necessarie per convogliare a terra l’enorme quantità di energia generata.
- Semplificazione amministrativa: uno dei maggiori ostacoli è rappresentato dalle lunghe e complesse procedure di autorizzazione. Il rapporto EEA, e le successive raccomandazioni della Commissione Europea, spingono per una drastica semplificazione dei processi, essenziale per rispettare la scadenza del 2030.
- Sostenibilità e biodiversità: è imperativo che l’espansione dell’eolico offshore sia accompagnata da una pianificazione attenta che tenga conto degli impatti sugli ecosistemi marini. Il modello Renexia, attraverso MedWind, riflette questa tendenza: il progetto non solo si posiziona come pioniere dell’energia pulita in Italia, ma anche esempio di come l’eolico offshore possa combinare la produzione energetica con la salvaguardia degli ecosistemi marini e il benessere delle comunità locali. Lo Studio di Impatto Ambientale (SIA), realizzato dal RINA e già depositato presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, consolida i risultati di 18 mesi di ricerca per la realizzazione di MedWind. Ulteriori studi, durati complessivamente 14 mesi, si sono concentrati sull’avifauna, sui cetacei, sui rettili marini, sulla pesca sperimentale e sul marine litter, coinvolgendo ricercatori e tecnici della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e delle Università di Messina, Palermo, Genova e del CNR di Capo Granitola. La selezione dell’area per l’impianto, in particolare, è il risultato di un’approfondita campagna di indagini ambientali, geofisiche, geotecniche e archeologiche, condotte con il supporto della Marina Militare e la collaborazione della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. Le indagini batimetriche, effettuate con un sofisticato ecoscandaglio multifascio e veicoli robotici subacquei, hanno prodotto una dettagliata mappa tridimensionale del fondale marino consentendo di identificare il sito ottimale e garantendo al contempo la protezione della biodiversità marina.
In conclusione, l’eolico offshore non è più solo una fonte energetica complementare, ma la punta di diamante di una strategia europea che, forte di dati e ambizioni chiare, punta a una trasformazione profonda e competitiva.



